Da
persona curiosa quale sono, ogni anno, da qualche anno, mi ritrovo a
chiedermi cosa realmente si festeggia nella notte di Halloween.
La
festa diventa sempre più grande e condivisa e così quest'anno mi
sono fermata a cercare di capire e come sempre lo faccio in questo
spazio, tra gente che mi segue e mi risponde in privato, gente che mi
segue per parlare male (ma attenti che c'è sempre una zucca vuota
che non resiste e riporta) e gente che trova divertente tutto quello
che scrivo. All Hallows’ Eve, All Hallowes’ Even,
Hallows’Even, Hallow - e’en, Halloween, La vigilia della
festa dei santi (to hallow - santificare).
Halloween dunque
(vigilia della festa dei santi). Si festeggia il 31 ottobre sera e
sembra sia l'apertura della Festa dei Santi (All Hallows’
Day), la festa di tutti i santi, che si festeggia il 1
novembre.
Come
ho sentito dire da molti:
una americanata dell'ultimo momento
e
invece a quanto pare non è un'americanata ma le sue origini
rimangono europee.
Ma
soprattutto non è dell'ultimo momento.
Tradizioni
che vanno e che vengono, che si perdono e che si ritrovano. L’oblio
di una tradizione popolare è lento e non sempre indolore e forse, un
vero oblio, è anche impossibile, c’è sempre un’anima che torna,
che bussa, che si ripresenta, che ripropone. Così sembra
che Halloween sia giunta fino a noi, a tratti
silenziosa, a tratti mutata, a tratti mischiata con altre tradizioni.
È giunta sino a noi dal passato ma confesso, per me è nuova, sembra
dall'antica tradizione celtico-gaelica del saluto della primavera, e
si sia trasferita in America a fine '800 con ondate di migrazioni
irlandesi in loco. Sembra da antiche feste romane, addirittura
qualcuno dice da una festa voluta da Romolo per esorcizzare la paura
del ritorno dell'anima di suo fratello Remo.
L'ipotesi
più sostenuta pare sia quella in cui si racconta che Halloween sia
una diretta discendente del capodanno celtico,
direttamente dalle Isole Britanniche e dai Druidi.
Quella
dei Druidi è un'antica popolazione dedite a caccia,
pesca, agricoltura, allevamento e artigianato e un forte rispetto per
l’aristocrazia.
Un
crepuscolo di atmosfera in cui salutare il tempo della luce (estate)
che se ne va e dare il benvenuto a quella che viene chiamata
anche terra di nessuno, il tempo del buio e del
freddo (inverno), il tempo in cui la natura si chiude su se stessa,
per riposare, per ricaricarsi, per rifocillarsi.
Una
festa druida in esatta contrapposizione a quella del 1 maggio quando,
al contrario, si da il bentornato al tempo della luce e del raccolto
(estate) e si saluta il buio e il freddo.
Il
buio delle tenebre e la luce della chiarezza in contrapposizioni e in
stretta connessione tra loro. Un’antica festa pagana in cui i
Druidi si fanno da intermediari tra i vivi e i morti, che in quel
breve momento senza confini spazio-temporali potrebbero tornare.
È
la fine del raccolto, il momento in cui l'eccesso o il non raccolto,
viene lasciato in omaggio ai defunti.
Il
bene e il male si incontrano e/o si scontrano, avviene in ogni
civiltà e i riti servono a interiorizzare ciò che è bene da ciò
che è male, a rendere tangibile ciò che è mistico.
Il
rito serve ad alleggerire la paura di essere schiacciati dalla Natura
sconosciuta, i riti sono ciò che con il tempo dà luogo alle
tradizioni culturali-popolari. I riti, infatti, sono degli atti che
si ripetono regolarmente nel tempo, governati da regole ferree.
Si
sa, le regole sono fondamentali per la riuscita di un'organizzazione,
che sia essa familiare, sociale o imprenditoriale. A tratti si
sconfina dalla condivisione rispettosa dei ruoli alla pretesa di
cieca obbedienza della gerarchia, ma questo secondo aspetto dipende
dal periodo storico mentre l'esigenza delle regole è sempre
presente.
Ma,
tornando ad Halloween, i Druidi come simbolo di
potere terreno e divino interpretano, stabiliscono e decidono per il
benessere della loro stessa popolazione: una storia che si ripete.
Se
non sbaglio è J. Garnier a raccontarci che a
capo delle varie ricorrenze che onorano i morti ci sia il diluvio
universale. Dunque, mi sembra di capire, una ricorrenza per tutti
i morti del diluvio universale, per tutti gli esseri morti durante il
Diluvio arrivato per mano di Dio. Quindi onorare i defunti che si
trovano ora in altro reame, feste in contrasto con alcune tradizioni
orientali che ritengono la vita un momento di passaggio materiale e
per niente trascendentale.
Ma
i riti sui morti hanno sempre riguardato gran parte delle civiltà e
così vediamo che in Messico si ritiene che lo spirito dei
morti possa tornare a far visita ai familiari e per aiutarli si
allestisce un altare con fotografie, fiori, incensi e candele. In
alcuni casi anche con il pan de los muertos.
Sull'Argetanrio si
usava cucire delle grandi tasche nei vestiti degli orfani in modo che
gli altri potessero lasciarvi dei regalini.
A Castel
San Giorgio, una volta depositata la corona di alloro e quella
bianca per i bambini defunti, si organizza un concerto polifonico di
fronte la chiesa e si festeggia al suono di una splendida musica.
A Treviso si
mangiano delle focacce chiamate i morti-vivi.
In
alcune zone dell'Italia meridionale, gli albanesi, seppur
di religione cattolica, commemorano i defunti secondo l'antica
tradizione orientale di tipo greco-bizantino. Una festa che si
celebra con l'arrivo della primavera, segno e simbolo di rinascita.
Il rito prevede l'accensione di piccole candele sul davanzale della
finestra per permettere ai defunti di trovare la strada di casa, come
anche l'abitudine di consumare un frugale pranzo nei cimiteri in
condivisione con l'intera comunità (direi sia quella viva che quella
morta).
Gli
antichi romani celebravano i defunti personali/familiari tra il
13 e il 21 febbraio con una celebrazione che si chiama Parentalia.
Il 21 febbraio coincideva anche la Feralia, la
celebrazione di tutti i morti. Si festeggiava inoltre il 9,11 e 13
maggio la Lemuria, celebrazione dei morti in
termini di esorcizzazione. Sembra sia stato Romolo ad istituirla, per
esorcizzare la paura del ritorno di Remo, suo fratello da lui stesso
ammazzato.
Pensandoci,
a me sembra che ci sia dietro la necessità di un momento di
riflessione personale e sociale che si chiude in un tempo scuro ma
non buio che possiamo chiamare crepuscolo e nel quale ci si domanda i
mille perché della vita.
È
un’esigenza sociale che stabilisce una certa gerarchia di ruoli e
poteri civili e religiosi, è un'esigenza sociale che vuole
esorcizzare la paura del male, della povertà, della violenza, della
morte. È un’esigenza personale, ognuno di noi vive dei
momenti crepuscolari in cui si interroga sulla propria vita e a volte
la mette anche in discussione. Sono brevi momenti che ci vengono
concessi e spesso difficili. La natura stessa ci ripropone il
crepuscolo quasi ovunque ogni 12 ore, in alcuni paesi ogni 6 mesi.
Riguarda forse quella necessità di stabilire il confine-contatto tra
il bene e il male, uno spazio che alcune religioni preferiscono
separare nettamente e altre unire profondamente e ognuno di noi, ad
ogni crepuscolo, si domanda se le sue parti siano separate o unite,
libere o controllate, predominanti o succubi e via dicendo…
Malefici,
streghe, morti, crepuscolo … e la zucca?
Da
dove viene la zucca?
Sembra
che molto tempo fa un irlandese di nome Jack ricevette l’apparizione
del diavolo in persona (o sembra che decise di invitarlo a bere con
lui) la notte di Halloween per imprigionarlo. Sta di fatto che il
Diavolo decise di bere con lui e proprio quella sera fece di tutto
per tentare di rubargli l’anima. A quanto pare Jack chiese un
ultimo bicchiere prima di cedere ma non avendo i soldi per pagare non
si riusciva ad andare avanti, così il diavolo si trasformò in
moneta e Jack lo chiuse nel suo portafogli, sul quale c’era una
croce cristiana. A quanto pare ogni anno, per Halloween, il diavolo
si riproponeva a Jack e ogni anno Jack escogitava di rimandare di un
anno. Un anno Jack spinse il diavolo ad arrampicarsi fino in cima ad
un albero e non appena l’ebbe raggiunta, Jack incise una croce
sull’albero e propose al diavolo d cancellarla a patto che questi
lo lasciasse in pace per sempre, e così fu.
Quando
Jack morì non fu accettato in Paradiso per aver commesso troppi
peccati, non fu accettato all’inferno per vendetta del diavolo e
vagò in un purgatorio buio per sempre accompagnato da una lanterna
che lui mise all’interno di una cipolla per farla durare più a
lungo. Sembra che quando nell’800 gli irlandesi emigrarono in
America, abbandonarono l’idea della cipolla per sostituirla con una
zucca, forse da qui la credenza che Halloween sia “un’americanata”?
Si
narra che per Halloween, Jack (ormai conosciuto come Jack Lanterna)
vaghi per la sua terra con la lanterna accesa e sia possibile
incontrarlo.
Ho
incontrato una ragazza ultimamente, un po’ contrariata perché
nelle scuole dei piccoli si festeggia e si parla di Halloween e non
della festa de Santi o dei Morti insegnando anche le tradizioni
tipicamente italiane.
“In
fondo” dice lei “io non ho nulla rispetto al fatto che si parli e
si festeggi Halloween ma siamo in Italia e allora perché no anche le
nostre tradizioni?”.
Aggiunge
un po’ dubbiosa “e se vogliono l’integrazione allora perché
non festeggiano anche i riti musulmani o induisti?”.
Poi
mi racconta che dalle parti sue la La sera della festa dei Santi si
preparano i bambini a celebrare i Morti e si dice loro che una volta
addormentati il parente più stretto e più anziano tra quelli morti
(spesso un nonno o un bisnonno) vengono a portare un regalino (nella
fattispecie un dolcetto) ma essendo questi defunti un po’
dispettosi, lo nascono in casa.
Il
bambino al suo risveglio se vorrà mangiare il dolcetto dovrà prima
cercarlo e poi ringraziare il defunto.
Dolcetto
e scherzetto invece che il dolcetto o scherzetto.
Tradizioni
che vanno e che vengono, che si perdono e che si ritrovano ... le
nostre radici.
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