giovedì 7 dicembre 2023

Taccio, o meglio, mi taccio

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Sempre più spesso sento dire che "mi taccio" non si deve dire perché tacere non è un verbo intransitivo, quando poi lo sento dire da professori di scuola mi si accappona la pelle. Esistono professori che non tollerano i DSA, li trattano come imbroglioni e poi, parlano di verbi come fossero pesce che si vende al mercato al peso, con rispetto per i pescatori.

Riporto direttamente dal sito de la Crusca la differenza tra Taccio e Mi Taccio e chiedo gentilmente, a chi di dovere, di tacere o pensare prima di parlare:

L’azione espressa dai verbi transitivi pronominali non ricade direttamente sul soggetto, ma rimane nella sua sfera d’influenza; il pronome atono non costituisce l’oggetto ma un complemento indiretto (per es. mi chiedo se fosse la cosa giusta; mi lavo le mani). In questi casi il pronome rappresenta un complemento di termine, il complemento oggetto è espresso e indica ciò che nell’azione si svolge nella sfera del soggetto.


Nei verbi pronominali intensivi, invece, il pronome non è indispensabile: non modifica il significato del verbo, è usato soltanto per enfatizzare l’intensità (anche emotiva) della partecipazione del soggetto all’azione (per es. mi bevo un bicchiere di birra). L’italiano ricorre a quest’uso per esprimere le funzioni di una diatesi, quella media, assente nella nostra lingua (ma presente in altre, per esempio il greco). La diatesi media indica intatti “una più intensa partecipazione del soggetto all’azione, che resta nella sfera del soggetto stesso” 


Tacere deriva dal latino tacēre, che poteva essere sia transitivo sia intransitivo. I principali dizionari italiani registrano tanto l’uso transitivo quanto l’uso intransitivo di tacere; il GDLI e il GRADIT qualificano tacersi come intransitivo pronominale.


L’oscillazione dell’uso tacere/tacersi è molto antica e ben presente nella lingua letteraria: abbiamo esempi di tacersi, tra l’altro, in Bono Giamboni (Fiore di rettorica: “Anche mi taccio la codardia che facesti quando fosti gonfaloniere”)


In conclusione, le forme taccio e mi taccio sono da ritenersi entrambe corrette, ma nell’uso attuale la prima predomina largamente, mentre la seconda sembra un arcaismo, volutamente esibito.


Mi pare di capire che serve un'alta conoscenza della lingua italiana per usare tacersi al posto di tacere, e qui mi taccio.

https://accademiadellacrusca.it/it/consulenza/rispondo-e-poi-taccio-o-mi-taccio/1178

sabato 2 dicembre 2023

Parole: dire, amare, baciare

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La parola. In fondo in fondo, noi siamo frutto delle parole. 

Ho iniziato questo blog parlando di libri per bambini, di fantastici albi illustrati, di parole. 
Ho proseguito parlando di apprendimento linguistico, che avviene attraverso le parole, che formano le storie. Quelle vere e quelle inventate.
Le parole, dipende come le pronunciamo, come le raccontiamo, come le ascoltiamo. 
Qualche volta ho accennato al fantastico mondo del teatro, citando anche qualcosa: parole. 
Ho parlato dei miei pensieri, del mio modo, del mio metodo educativo. Tutto, proprio tutto, attraverso le parole.
Sono le parole che coinvolgono, che attirano l'attenzione, che contraddistinguono un pensiero da un altro. 

Dietro tutte queste parole c'è un piccolo segreto del quale non si parla mai, un filo rosso, un tratto distintivo che lega un pensiero all'altro, anche quando sembrano slegati, anche quando sembrano trattare argomenti diversi. 
Dietro tutte queste parole ci siamo noi, le persone, consapevoli oppure no, ma comunque tutte persone che si mettono in luce, o in ombra, attraverso le parole guidate dalle personali intenzioni. 
Ebbene si, questo è il mio credo. 
Dietro ogni parola c'è un'intenzione in luce e una in ombra, quando si è fortunati coincidono. 

Spesso, troppo spesso, si mente a se stessi sulle proprie intenzioni, sembra quasi un cercare già la giustificazione per liberare l'intenzione in ombra. 
Le intenzioni sono come le passioni, accomunano le persone ma le passioni si condividono a voce alta, le intenzioni a voce bassa. 
Che meraviglia quando scopri le tue stesse intenzioni e le prendi in mano, le comprendi, le scegli o le riponi. 
Che intesa quando le liberi e condividi con qualcuno, si sente subito l'intimità del segreto.

Segreto fino ad un certo punto, perché poi quello che succede è che passioni e intenzioni, sono strettamente correlate alle emozioni, le quali sono come le malattie esantematiche, si trasmettono anche senza volerlo, con un gesto, con uno sguardo, con l'inclinazione della testa o dell'angolo della bocca, con la direzione del piede o con un brivido improvviso. 

Ecco che le parole sono il tratto distintivo tra l'uomo e la bestia. Se conosci le parole sai dire quando stai male, sai farti curare da un medico, sai farti aiutare da un avvocato o da un commercialista, sai ascoltare e domandare a un professore, sai parlare ad un amico o a un nemico.

Le parole distinguono anche le persone che vivono nell'amore, da quelle che vivono nell'odio. Le persone curiose e vive da quelle apatiche e appiattite. 
Le parole molto spesso sono pensiero poetico, artistico, creativo. 
Un ponte tra un pensiero e un altro, un legame tra le esperienze, tra le conoscenze, tra i desideri.

Buone chiacchierate a tutti
Con amore
Silvia

giovedì 23 marzo 2023

L'apprendimento è un percorso di vita e non un metodo

Dove nasce l'insegnamento delle lingue? Socialmente nasce dalla esigenza più o meno viva, in base al periodo storico, di comunicare con altre popolazioni. Non solo nasce dall'esigenza di comunicare, ma dal desiderio di farsi comprendere e di comprendere. 

Didatticamente? 

Didatticamente sono stati i filosofi i primi a parlare di insegnamento (o apprendimento), poi ciascuno ha preso la sua via e per le lingue sono arrivati i letterati che studiavano le lingue nobili, poi diventate antiche: il latino, il greco antico, l'aramaico. Anche in questo caso poi si sono divisi i compiti, chi studiava l'evoluzione delle parole e delle frasi ad esempio da un punto di vista fonetico (i filologi), quante volte ci siamo chiesti come mai alcuni usano PH e alcuni usano F per emettere lo stesso suono? Chi studia spagnolo ha di certo notato che le parole che in spagnolo terminano in DAD, spesso in italiano terminano in TÀ. Come sono avvenuti questi cambiamenti, chi discende da chi? Chiaramente si rimane in ambito antico in questo caso. Altri, i linguisti, studiavano la struttura della lingua in modo scientifico, la grammatica è il loro pane quotidiano e nessuno conosce una lingua se non ne conosce la grammatica, secondo loro. Più il meccanismo del globalismo avanzava, più ci si rendeva conto che la grammatica di una lingua non è sufficiente a comunicare, a questo punto si comincia a studiare diversi metodi di insegnamento e arriva la glottodidattica, ovvero la scienza della didattica della lingua. Per parlare di metodi di insegnamento, bisogna riflettere sui metodi di apprendimento, a questo punto nasce la riflessione metalinguistica, ovvero la riflessione sulle capacità innate di ciascuno di apprendere, scopriamo che sono tante e diverse, una grande rivoluzione che si accorge dei disastri indotti in quelle persone alle quali si pensava di plasmare il cervello attraverso l'insegnamento (in sendo educativo e positivo, pensavano) per poi accorgersi che, in realtà, l'apprendimento dipende dal tipo del soggetto che apprende e, ovviamente, dalla grandezza del maestro capace di diversificare la sua metodologia, ovvero la sua attitudine. In questo periodo sentiamo parlare di cambiamento, non più memorizzazione, grammatica, regole a memoria e induzione del comportamento (finalmente!), ma creatività, stimolo, curiosità, dialogo, riflessione. Se i nostri antichi letterati avevano lasciato la via lenta della riflessione dei filosofi, arrivando piano piano alla via della regola senza riflessione e della velocità dei linguisti, piano piano ci si sta di nuovo rivolgendo alla lentezza, alla riflessione dialogica con un pizzico di creatività e digitalizzazione (per rispetto della nostra evoluzione). A questo punto siamo arrivati a valutare le diverse modalità di apprendimento dei singoli studenti, i cosiddetti DSA. Che non sono scimmie incapaci di proferire parola o di pensare; al contrario sono persone, forse un po' vivaci e allegre (in fondo vivere è bello), estremamente intelligenti che sviluppano un canale piuttosto che un altro, anche se tristemente alcuni ancora li considerano di seconda classe. 

Ma in fondo di che ci meravigliamo? Ci sono persone che amano più gli animali che le altre persone, dicono perché gli animali sono più buoni e certamente giustificando con la loro inferiorità mentale il fatto che a volte aggredisscono o mordono ferocemente le persone, o i gatti o altri animali, con rispetto parlando per gli animali, perché anche loro meritano di vivere dignitosamente ma far vivere un cane o un gatto da uomo? Vi piacerebbe vivere da cane o da gatto, dovendo reprimere voi stessi? Quando chiedete al vostro cani di venire a tavola con voi, vi siete chiesti se voi vorreste mangiare nella ciotola del cane stando a quattro zampe? Qui sfociamo nel dibattito tra amore - possesso - egoismo ma non è il post adatto.

L'ultima riflessione degna di nota, soprattutto rispetto agli evoluti DSA, riguarda il fatto che a dispetto di quelli che pensano che il DSA ha un malfunzionamento cerebrale, inteso proprio come incapacità, pensate che un DSA, con bravi professori, può laurearsi e diventare scienziato, chirurgo, avvocato, addirittura premio nobel; al pari di un non-DSA (che sembra abbia l'accezione di normo-dotato) può rimanere ignorante, incapace di scrivere una lettera all'agenzia delle entrate, incapace di fare due calcoli a mente ma anche con la calcolatrice, incapace di apprezzare un viaggio o un'opera d'arte se posto in mano a professori incapaci e incompetenti. Se riflettete su questo capite che l'insegnante assolutamente non può cambiare il carattere, l'indole e il modo di apprendere di un ragazzo, ma può fare la differenza nella sua vita, ancora una volta l'arduo compito del professore di arrivare al cuore di ongi studente, con amore si intende, anche se punire, mettere a tacere e stimolare è più a portata di mano.

A questo punto vi parlo del mio metodo di insegnamento, visto che voi che mi seguite lo fate per ciò che insegno, altrimenti vi annoiereste a morte. Sicuramente il mio metodo di insegnamento ha origini nell'approccio formalistico perché da là venivano i miei professori.

Ma quella gocciolina lasciata da quella signora che in 1^ elementare veniva a scuola il sabato e ci diceva: con me fate due chiacchiere in inglese, roba semplice. 
La lingua, la grammatica, la studierete a partire dalle scuole medie con veri prof. di inglese.
Era là che il cambiamento nasceva.

Poi, quelli della mia generazione, siamo passati per la naturalizzazione dell'apprendimento. Roba meno semplice per l'insegnante, che doveva scender di cattedra e stabilire con i discenti una relazione linguistica: un dialogo. Un dialogo dapprima guidato, che inducesse grammatica; poi aperto, che la grammatica la si intuisse.

Così via, fino ai metodi del canale multiplo, ai viaggi di studio, agli scambi di opportunità.
Ma c'è ancora qualche persona vecchio stampo che mi dice di no, che bisogna studiare la grammatica per imparare la lingua, altrimenti nemmeno si riesce a parlare, ovviamente molto dipende dal discente, si può parlare senza sapere la grammatica, scegliendo un posto di lavoro dove non serve saper parlare correttamente, senza accenti e senza errori. Ad esempio un meccanico non è costretto a studiare dizione, mentre un doppiatore che non conosce la dizione difficilmente lavora, ma non è costretto a conoscere le forze meccaniche.

Tornando all'argomento principale, a mio avviso, tutti questi metodi e credenze pedagogiche sono legate a un sottile, inspiegabile, filo invisibile: la relazione positiva tra un docente e il suo discente, inevitabilmente se stessi, i propri confini, la consapevolezza dell'essere e la scelta responsabile di ciò che si fa e si dice, almeno quando si insegna. Sicuramente se il percorso di apprendimento è positivo, è anche di successo, altrimenti è finalizzato a superare lo scoglio degli anni scolastici e spesso decade appena lasciate le aule. 

Questo il mio invisibile percorso di formazione umano-pedagogica. 
Buona apprendimento a tutti.
Con affetto anche a chi mi critica.
Silvia


mercoledì 4 gennaio 2023

Ricordi della Befana

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Anche il 2023 inizia con l’attesa della vecchia Befana e qualche altra cosuccia imprevista da sbrgare. Se fossi io la Befana direi: "Ops, si è arruginata la scopa, devo andare più piano rispetto allo scorso anno". Ma di certo non può rallentare la Befana.


Ancora ricordo da bambina le notti insonni per spiare chi fosse quella vecchia dal naso brutto e storto che arrivava a casa mia per lasciare la calza. All’epoca la vecchia, d'accordo con mia madre, usava la mia calza e io mettevo da parte quelle più lunghe che avevo. 

Ritenevo ingiusto che, essendo la più piccola, io dovessi avere calze più piccole.

Poi sono diventata mamma e ho avuto il piacere di conoscere di persona la Befana, quante risate ci siamo fatte insieme. Ma è un segreto da mamme.


Nella mia calza di bambina, c’erano sempre tante caramelle e cioccolate, perché ero tanto buona. 

Nelle calze di tutti noi bambini buoni, c’era sempre, però, anche del carbone, affinché ci chiedessimo dov’era la nostra cattiveria. Perché non penserete davvero di esser tutti buoni, vero?


L’attesa iniziava il 1 dicembre, quando si montava l’albero e anche il presepe. 

Perché il Natale è un momento di doni e i doni, si sa, ai bambini piacciono tanto. 

Il Natale, però, è anche un momento di rinascita ed è il buon Gesù, anch'esso vecchietto ormai, che ce lo ricorda. 

Così, quando io ero bambina, nessuno poteva aprire i regali se prima non fosse arrivato il bambinello nella mangiatoia. 


Il bambinello, all’epoca, era staccato dalla mangiatoia. 

Oggi, vista l’importanza dei regali di Babbo Natale, il bambinello sta incollato alla mangiatoia, giusto per non perderlo del tutto. 

Sai che smarrimento povero Gesù nel mondo di oggi?


Mentre attendiamo tutti l’arrivo della vecchia Befana, vediamo correre dietro la scia di una cometa i re Magi, anche loro vecchierelli e affamati. 


Arrivano la notte precedente quella della Befana, per ricordare che i doni si prendono ma anche si fanno, per ricordare la gioia e la volontà di andare a salutare chi sorge alla vita, per ricordare che tendere una mano a un bambino non è peccato e non è sacrifico, ma solo amore per la vita.


Leggero 2023 a tutti



domenica 1 gennaio 2023

Buon 2023

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Carissimi amici,


Come dice una mia cugina romana, il 2023 è l’anno della fortuna (a Roma si dice da sempre 23 aiutame te). In effetti tutti noi speriamo che il 2023 sia un anno fortunato, la speranza di tutti (o quasi) è che la guerra abbia fine, che ognuno possa trovar una vita degna di diritti, igiene, istruzione, lavoro, che nessuno debba più morir per mare inseguendo una speranza di vita. Questi, però, sono pensieri che percorriamo più volte l’anno, non possono esser ridotti ad un augurio di inizio anno. 


Sono gli obiettivi dell’ONU e di tutte le organizzazioni a seguire, dovrebbero essere i propositi di ogni buon governo. Ciascuno di noi si sente bene se viene accolto, apprezzato, valorizzato e se ha il permesso di sbagliare.


Nell’augurar un felice anno nuovo, io di sollito cerco qualcosa di più leggero, perché in questi ultimi anni della leggerezza ho fatto il mio stile di vita. 

Una leggerezza che non va confusa con idiozia o pressapochismo, una leggerezza che non va intesa con un parliamo solo di cose belle e faccaimo finta che le brutte non esistono. Non per niente quando si ha un problema, il parlarne alleggerisce l’animo. Una leggerezza esplicitata nella voglia di dare il giusto peso alle cose, di guardare sempre col sorriso anche chi in te cerca perennemente l’errore. 


Io ho una grande fortuna, non ho mai perso il contatto con la bambina che sono stata, con la sua voglia di genuità, di risate sincere, la sua curiosità verso il mondo, la passione per le maschere, le feste, i viaggi, i giochi all’aria aperta e i giochi da tavoa con gli amici.


Purtroppo molti vedono i bambini come qualcosa che sta crescendo per diventare adulto, non persone, non capaci di intelligenza o leggerezza.

Spesso vengono considerati più sciocchi che leggeri.

Io, invece, considero i bambini estremamente intelligenti ma con poca conoscenza del nostro modo di affrontare la vita. 


Loro sono primordiali e in contatto con la vita primordiale, sanno crescere, imparare, osservare, carpire, tutte cose che noi adulti facciamo solo attraverso i filtri che abbiamo scelto di indossare durante la nostra vita. 

I bambini no, riconoscono l’essenziale della vita.


Il mio augurio di leggerezza per questo nuovo anno va a tutti quegli adulti che hanno perso il contatto con il bambino che sono stati, che il 2023  li aiuti a tornare a guardare il mondo facendo un po’ di pulizia dai pregiudizi che nella vita sono cresciuti nei loro animi nascondendo il loro Io-bambino. 

Auguro a tutti gli adulti di prendere consapevolezza del fatto che se i bambini sono felici da piccoli, costruiranno un mondo felice, speriamo in una felicità fatta anche di buoni principi e non solo di buoni soldi. 

Un augurio a tutti i bambini del mondo affinché possa ciascuno di loro avere un futuro dignitoso, degno e accogliente, senza guerre né violenza.


Buon 2023 da SilviaC.

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Dearest friends, As a Roman cousin said, 2023 is the year of luck. We all hope that 2023 will be a lucky year; the hope of everyone (or almost) is that the war will end, that everyone can find a life worthy of rights, hygiene, education, and work, and that no one has to die anymore in the sea pursuing a hope of life. These, however, are thoughts that we travel several times a year; we cannot reduce them to a light wish for the beginning of the year. These are the objectives of the UN and all the correlated organizations. They should be the intentions of every good government. We all feel good in a welcoming world, being appreciated and valued. In wishing a happy new year, I usually look for something lighter because, in recent years, lightness has made my lifestyle. A lightness that shouldn't be confused with idiocy or carelessness, a lightness that shouldn't be replaced with a let's talk about beautiful things and pretend that ugly things don't exist. When you have a problem, talking about it lightens your soul. The lightness to give the proper importance to things, and look at the word with a smile, even when it is not so lovely. I am fortunate; I have never lost touch with the little girl I was, with her desire for genuineness, sincere laughter, her curiosity about the world, her passion for masks, parties, travel, outdoor games and board games with friends. Unfortunately, many see children as something, not a person, that is growing to be adults, incapable of intelligence or lightness. They are often considered more silly than light. On the other hand, children are intelligent but with little knowledge of our way of coping with life. They are primordial and in contact with primordial life. They know how to grow, learn, observe, and understand all things that we adults do only through the filters we have chosen to wear during our lives. Not children; they recognize the essentials of life. My wish of lightness for 2023 is for adults who have lost contact with the child they have been with. May 2023 help them return to looking at the world by cleaning up the prejudices they have grown up in life in their souls by hiding their child-ego. I wish all adults to become aware that if children are happy as children, they will build a happy world; let's hope for happiness made up of human principles. Best wishes to all the children of the world so that each of them may have a dignified, worthy and welcoming future without wars or violence. Happy 2023 from SilviaC.







sabato 25 settembre 2021

Disturbi di Apprendimento e cattivi insegnamenti

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Che titolo pericoloso!
Già le vedo tutte quelle facce curiose perché il titolo fa gola. Sa di pettegolezzo, di critica che vorrei fare ma non ho il coraggio, oppure sa di sfida come osa questa analfabeta a parlare di argomenti cosi delicati? Ma forse sa di coraggio, magari qualcuno lo legge con la speranza di trovare qualche informazione su come muoversi oppure qualcuno ha già gli occhi di fuoco: non saprà mai che ho letto il suo post ma farò in modo che non scriva più. 
Mamma mia che catastrofe ma giuro è solo un titolo, che vuole attirare l'attenzione su un argomento, in modo spiritoso e nessuna provocazione. Ci credete, vero?

Io sono una persona eclettica e molto veloce, ho sposato un uomo molto riflessivo. 
Un'accoppiata vincente eppure tra di noi non c'è uno più intelligente e uno più scemo anzi, abbiamo imparato a compensarci e a completarci. Tranquilli, discutiamo come tutte le coppie, siamo terrestri come tutti voi. 
Ho specificato questa cosa perché secondo i canoni di oggi, io sono più intelligente di mio marito solo perché alcune scuole di pensiero  dicono che la velocità è una delle caratteristiche dell'intelligenza. 
Alcune scuole, anzi, la ritengono una delle caratteristiche predominanti dell'intelligenza. 
Ma no, noi abbiamo scelto di essere due stupidi e compensare le nostre stupidità, ciascuno con le intelligenze dell'altro. Ce ne freghiamo della velocità e della lentezza e creativamente e stabilmente viviamo una vita fatta di colori, emozioni, viaggi, soddisfazioni, successi e amore. 
A volte rallentiamo, a volte velocizziamo, sicuramente abbiamo un'ottima relazione, tanta fantasia e pochi pregiudizi.  Rimanendo uniti e stando ai tempi di tutti i membri della famiglia. 
Ma noi siamo una famiglia e non una scuola.

In questi anni ho girato più città e visto più scuole. 
Quello che noto è che c'è una certa tendenza a guardare all'apprendimento in termini pavloviani. 
Una certa tendenza alla rigidità nei confronti dell'apprendimento.
Si studiano a fondo le singole competenze e come il cervello le elabora per valutare le funzioni singolarmente. Ma che follia! Nessuna persona è fatta di singole funzioni cerebrali, ognuno di noi è l'insieme delle sue funzioni, esperienze, possibilità, credenze. Non abbiamo bisogno di tanto scremare e etichettare per comprendere che alcuni bambini vanno meglio in matematica, alcuni in italiano, altri in arte ... ma forse non ci interessa l'apprendimento ma piuttosto la ricerca di come funziona il cervello. Non mi venite a dire che cercate di capire come funziona il cervello più intelligente perché, come sapete già, per quando lo trovate è già obsoleto perché i cervelli, come la natura, come la società, come la vita ... evolvono.

Sapete qual è uno dei primi errori in cui incappano i neo-genitori?
Si desiderano i figli, si aspettano per 9 dolci (si spera) mesi e poi, strano a dirsi, improvvisamente sono tra noi e ... ma ... vediamo, da dove comincio? Oddio sta là, io sto qua! E che gli dico? Mi capisce? Lo cambio troppo spesso? Gli canto, gli leggo. Lo metto sul tappeto ora o fra un po'. Ma quando camminerà? Posso dormire? ... piano piano ci abituiamo a un bambino che si addormenta alle 22.00 e si sveglia alle 5.00 (se siamo fortunati), alle poppate, alle cacche ... ma ... ops ... cosa fa? Gattona? E ora? io mi ero appena abituata ma se gattona tocca tutto, se cade si può far male, dunque vediamo. La pappa, la cacca, i cambi pannolino, la cena, la passeggiata e gattona, gli fa. bene gattonare. Ecco tutto organizzato, benissimo ora puoi gattonare. Ehi ma che fai? I denti? Non mangi? Non fai la cacca? e la passeggiata? Ma no aspetta non camminare ora io devo ancora abituarmi a gattonare. Ho appena messo i para angoli bassi. Mi fa male la schiena, ma a che ora dormivi? I pasti, non mi devo scordare della regolarità dei pasti, oddio il pediatra, il raffreddore. Lo mando al nido? ... Vi ricorda qualcosa? Ogni volta che vi abituate, lui si è evoluto e voi dovete cambiare. L'unica via è non abituarsi ma vivere ogni giorno, come se fosse il primo giorno di una meravigliosa esperienza. L'unica via è quella della relazione accogliente, felice, pronta, aperta al cambiamento, creativa, sorridente ... ma così è faticoso. Guarda sai che ti dico? Cerco un gruppo di persone che sanno cosa fare. Genitori organizzati, che da subito impostano la crescita dei figli in modo regolare e autonomo ... oh no! ... adesso che fa?

Ecco, io credo che anche  a scuola non si può lavorare sugli standard, benché più facili da gestire e da organizzare, c'è un costante bisogno di creare curiosità, di dar spazio al dialogo, alla possibilità di esprimersi, per dar loro il tempo di trovarsi, conoscersi, riconoscersi, sperimentarsi. Capisco che si fanno un paio di lezioni su QUESTO è IL CORPO: la testa, il collo, il busto, le braccia, le mani, le gambe e i piedi. Hai visto? sei tu!  Ma non basta affinché abbiano consapevolezza di se stessi, è un percorso che prevede l'esperienza. Un po' come le emozioni, sono contagiose come le malattie esantematiche ma non sono spiegabili come la matematica. Mi mettono paura quegli insegnanti che prendono fondi per progetti sulla consapevolezza emotiva: oggi bottoncino rosso, che emozione è? La rabbia. Bene come ti senti quando sei arrabbiato? Vediamo, si diventa rossi ecco perché il bottoncino rosso, e la felicità? è Gialla, si gialla che bello. Ma che succede se un bambino quando è felice si sente verde? Lui è sbagliato, forse daltonico, forse ha la sindrome da prato fiorito, forse è addirittura gay. Va aiutato! Vi prego, le emozioni si contagiano così se siete insegnanti felici, loro si abitueranno a stare felici e sereni. Non servono troppi progetti.

Chiedo scusa a chi da me si aspetta altro, io non ho più peli sulla lingua. 

Inizio col dire che chi ha disturbi dell'apprendimento non è un idiota, chi è più lento molto spesso ha le capacità dello scienziato. Perché diciamolo, quando sei molto veloce, come ho già detto in altri post, puoi diventare un bravo data-entry, un segretario o un accurato mariuolo. 
Per le grandi cose ci vuole tempo, pazienza e lentezza. Come si dice dalle mie parti, Roma non è stata costruita in un giorno.
Un fiore non lo vedi sbocciare. Lo vedi bocciolo, aperto, nascente o fiore, ma non vedi il processo con cui sboccia. Per vederlo abbiamo dovuto rallentare i filmati, ma per raccogliere i filmati abbiamo avuto bisogno della tecnologia veloce. 

Perché accelerare tanto il processo di apprendimento soprattutto nei bambini della prima infanzia? A cosa serve? A volte penso che serva a generare DSA!! 

Va chiarito perché quando in seconda elementare un bambino è lento a scrivere, subito si può generare bullismo, l'insegnante deve essere molto bravo per non generare bullismo, non dimenticate che il vero bullismo è consapevole e i bambini di quell'età non so se lo sono, forse alcuni insegnanti non hanno capito l'importanza delle parole che usano, o alcuni genitori hanno troppa voce in capitolo.
Immaginate un insegnante che dice ad un bambino di 6 anni, emozionato, lento e timido (o come hanno scritto alcuni genitori "sensibile"): 
"ti metto vicino alla tua compagna Maria, che è più brava e più veloce di te così ti scrive lei" 
cosa ha fatto?  Ha detto al bambino lento che è un idiota. E dopo un anno che questa bambina più veloce e più brava scrive al posto suo, la maestra dice al bambino lento: 
"ti devi sveltire con la scrittura, non può andare avanti così!". 
Il bambino non ha avuto bisogno di sveltirsi perché era abbastanza svelta quella più brava. Il bambino non sa come può sveltirsi perché a scuola non lavora e a casa non hanno detto niente. Come si sente questo bambino? Cosa fa? Come risponde?
Dovrebbe rispondere così:
"Ma se lei fa scrivere sempre alla bambina veloce che oltre a scrivere per me mi tratta da imbecille, io quando imparo a scrivere? Ma lei ha parlato di questa cosa con mia madre?"
No, non diamo questo dispiacere a mamma che altrimenti sta male, o si arrabbia, o ti mette in punizione. Che disastro queste madri terribili, meglio non dire loro nulla. Povero figlio che brutta madre che ha.
In molti casi la risposta della maestra sarebbe negativa. No, la mamma è meglio di no.
Sapete perché? Perché scrivere il corsivo velocemente, soprattutto in seconda elementare, non rientra nelle direttive ministeriali per la scuola primaria. 
Acquisire sicurezza e competenza nello scrivere invece si, rientra in queste direttive. 

Ma come si diventa veloci e competenti nello scrivere? 
Esattamente come lo si diventa nel disegnare, nel suonare uno strumento, nel cantare: si comincia un percorso di studi che dura anni, un percorso che ci appassiona, che non genera frustrazione da compagni più veloci o da maestre che denigrano sempre.
Ci si esercita lentamente con la possibilità di sbagliare e di correggersi. In cinque anni si diventa veloci, sicuri e felici. Chi è già velocissimo a scrivere sin dalla prima elementare può aiutare la maestra a scrivere i compiti, può scrivere una storia da leggere ai compagni, può andare avanti con la matematica o con la materia nella quale invece è carente ... ma non può scrivere al posto di quello che va più lentamente. È una brutta idea.

Immaginate un bambino che elabora più lentamente degli altri. 
La maestra chiede le tabelline velocemente e vuole risposte veloci, incalza Fabio, Marco, Paola, Susanna, forza dai dovete sbrigarvi perché nella vita non si può fare nulla senza sapere le tabelline, dai Giorgio, dai Maria e tu dimmi 7x8 dai, dai, dai. 
Lo vedi che non studi abbastanza? 
Cosa devo fare con te? 
Incalzarlo rapidamente, chiedere la tabellina più difficile e mostrare quanto è stupido ad alta voce non è sicuramente la via migliore. Verrebbe da chiedersi se l'insegnante sta aiutando il bambino a imparare le tabelline o dimostrando che lui è scemo e quindi lei non può fare niente.
Immaginate il bambino. 
Che vergogna! Sono il solito stupido! Perché non capisco niente? 
Non mi viene la risposta, non mi viene, non ce la faccio, che ansia, mi fa male lo stomaco, mi vergogno, ora sapete che faccio? Faccio finta di fare il burlone. Faccio una battuta alla maestra e tutti rideranno di quella. Così non rideranno di me!
Il bambino si trasforma in pagliaccio. 
Per non essere ridicolizzato, lo fa da solo. 

Immaginate un bambino che non riesce in un compito, perché è disgrafico o discalculico o altro. 
La maestra gli da una scheda scritta in piccolo e gli dice che ha 20 minuti per completarla. 
Lui non ce la fa. 
Se gli dice bene la compila quello bravo (ché lui è un idiota). Oppure la maestra decide di motivare il bambino e con tutta la sua empatia possibile, gli dice: 
"se non la completi non fai la merenda, anzi ti metto una nota e lo dico a tua madre, oppure addirittura qualcuno più intelligente gli dice cose come: se non la completi oggi non ti mando a casa".
Siete increduli? Speriamo abbiate ragione.

Immaginate una classe dove si da il buongiorno, dove il maestro o la maestra fa di tutto affinché tutti siano bravi a scuola. 
Una maestra che se si accorge che un bambino non sa una cosa, non lo interroga proprio su quella cosa davanti a tutti e incalzandolo. 
Semplicemente la spiega, con parole, una voce amorevole, dei disegni, delle idee interessanti e una risata.
 
Immaginate quanti cartelloni se si assegna la scrittura a chi è veloce a scrivere, la lettura a chi è veloce a leggere e l'organizzazione al creativo. 

Immaginate il bambino lento nell'elaborazione, che ha paura dell'interrogazione improvvisa, della brutta figura e della frustrazione, immaginate che la maestra lo prenda da parte, senza che nessuno se ne accorge e gli dice 
"Tranquillo che la farai e io ti aiuterò. Non ti farò brutte sorprese. Ti do un segnale, quando vengo vicino al tuo banco e poggio una mano sul tavolo, sto per chiamare te e farti una domanda"
Naturalmente una domanda a cui lui sa rispondere. 
Allora la maestra chiama Michele, Laura, Francesco e si avvicina al tavolo e poggia una mano sul banco:
"Tu, dimmi 3x4". 
Il bambino si è preparato ad ascoltare, ha aperto i canali della percezione, non ha paura che non andrà a casa se sbaglia e ascolta la domanda, sapendo che la maestra è dalla parte sua, da anche la risposta. Ottiene un bravo e si fa coraggio, piano piano alza anche la mano per rispondere, senza che il maestro lo chiami. 

Immaginate una scuola fatta così, di maestri che insegnano agli studenti a farcela, soprattutto quando sono piccoli. 
Un insegnamento al valore della vita sana, competente e serena. 
Una vita in cui ci si da una mano e non ci si da sempre spintoni per cadere. Come se ogni volta che uno cade, un altro si alza di uno scalino per esser il migliore. 

Forse non servirebbero più nemmeno gli apparecchi digitali per i DSA. I diversi sarebbero tutti, io sono diverso perché lento a scrivere, io perché svogliato a studiare, io perché ho i genitori che litigano, io perché vengo da un altro paese ... forza, tutti insieme diventeremo bravi.

Io credo che in una scuola così non ci sarebbe tanta ricerca per l'homeschooling, ma tanta collaborazione tra genitori, scuola e istituzione. Evviva la scuola pubblica e chi avrà premura di farla per tutti. 
Evviva Gianni Rodari, Don Milani e tutti gli insegnanti che tendono al positivo dei bambini.


martedì 14 settembre 2021

Apprendimento: una via relazionale tra neuroni e emozioni

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Cari amici,

Quest'anno con questo lungo post sull'apprenidmento ricomincio l'anno di apprendimento e vi lascio le mie proposte di laboratori on-line

Ultimamente riflettevo sull'apprendimento con alcune persone e mi sono ritrovata a notare che più si va avanti, più si parla di apprendimento logico, programmatico, direi computerizzato. Attenzione, io credo che internet e il computer siano dei mezzi validissimi per l'apprendimento, ma non credo nell'apprendimento considerato come una funzione da computer sia buono. Io credo molto nell'apprendimento analogico, più di quello logico. Logico è più comprensibile e gestibile perché non prevede imprevisti, rassicura ma funziona solo per il riempimento a mio avviso.

Qualche tempo fa mi sono trovata a chiedere delle informazioni legali per una persona che avevo conosciuto. Le ho chieste a una serie di insegnanti di tutta Italia, devo dire anche esperte e gentili. È successo qualcosa di davvero straordinario. La richiesta era: "Ho conosciuto una mamma con un bimbo di seconda elementare con una 104 per la quale non le hanno mai parlato di apprendimento o di intelligenza o di sostegno. Una patologia a sé sempre gestita nel migliore dei modi. In prima elementare questo bambino ha avuto dei disagi e la mamma ha chiesto la relazione delle maestre per controllare che questa malattia non avesse nulla a che fare con le sue difficoltà. Una mamma che va a intuito, che cerca di capire, che usa l'istinto materno per osservare, comprendere e aiutare il figlio con amore. La relazione viene stilata e la mamma la consegna all'ospedale che segue il figlio per la sua 104 e aspetta di sapere se vale la pena fare una valutazione dei disturbi di apprendimento. Nel frattempo il bambino viene bocciato. Una bocciatura giustificata da un esame costruito proprio su quelle difficoltà che la scuola stessa aveva messo in risalto. Il consiglio che mi sono sentita di dare a questa mamma è stato di informarsi bene sulla legge prima di prendere qualsiasi decisione. Chiedo quindi a tutti questi docenti quale sia la legge italiana che regola la bocciatura dei bambini nella scuola primaria".

Prima di riuscire ad avere una risposta sulla legge, c'è stato uno scalpitio di fame di sapere, di conoscere e in qualche caso di giudicare per poter spiegare come la bocciatura sia stata decisa, senza conoscere me, la mamma in questione, il bambino o la scuola. 
Mi aspettavo massimo 3 risposte con link e leggi, mi sono fioccate domande e valutazioni da tutto il paese:

ma la conosci la madre?
ma decide da sola oppure con il padre? 
Ma che disturbo di apprendimento ha il bambino?
Se c'è una 104 il bambino ha un ritardo mentale e non è un DSA. La madre lo deve dire.
La scuola lo ha considerato non maturo e quindi lo ha bocciato per aiutarlo.
La madre deve aver firmato una carta per la bocciatura.
Ma il bambino ora come sta?
Ma lo segue la madre o una persona esperta?

Io non so se riuscite a vedere quanti pregiudizi ci sono in queste domande, che sembrano di curiosità ma sono piene di sapere pregresso che non permette di andare avanti. Giusto un paio di maestre si sono rese conto che io avevo solo chiesto una legge e non una valutazione, probabilmente perché consapevoli che non si può parlare di nulla senza stabilire un contatto, una relazione con la persona in questione e dunque quale è il fine ultimo di tutte queste domande? 
La risposta era "decreto legislativo 17 aprile 2017 n.62". 

Non voglio in nessun modo dire male di queste insegnanti che si sono tanto prodigate, ciascuna pensando a modo suo di aiutare. Hanno passato tanto tempo a riflettere con me e con ogni probabilità, chi per un motivo chi per un altro, si sono emotivamente sentite coinvolte, come io con la signora che mi ha raccontato di suo figlio. 
Questo è il modus operandi al quale siamo abituati e non sempre è male, spesso ti pone anche in moto per riflettere sulla tua vita, sulle tue scelte, su quello che fai e molto altro, però non c'è una semplice risposta diretta.

Spesso si parla di apprendimento in termini di cervello, di memoria e di velocità di lavoro individuando le parti del cervello che svolgono queste funzioni. B
revemente cercherò di riassumere l'argomento ma vi ricordo che se avete curiosità scientifiche, il mio blog non è il posto giusto, dovete parlare con esperti di neuro-psichiatria e sviluppo dell'età evolutiva.

Il cervello

Se io oggi cammino è grazie allo sforzo del primo ominide che ha deciso di scendere dagli alberi e battendosi ferocemente per sopravvivere, si è alzato su due zampe/gambe, perché le mani servivano per raccogliere pietre e tirarle o per coprire gli occhi dal sole e vedere lontano il predatore. 


Ogni Bambino che nasce ripercorre questa fase. A quanti di voi viene in mente il mal di schiena leggendo queste parole? Ebbene ognuno di noi porta con sé questa evoluzione e ci si è spesso chiesti cosa succede al cervello in fase evolutiva? È un bene che ci si facca queste domande e che si riesca a capire che alcune difficoltà sono solo differenze, solo così si è riusciti a comprendere che non ci sono bambini scemi da lasciare da parte ma bambini con diversi percorsi di apprendimento, con diversa modalità di apprendimento. 


Questo è ciò che ha reso possibile l'evoluzione umana rispetto all'inclusione. Pensate a quando prima della guerra ma anche subito dopo, esistevano famiglie con ragazzi disabili che dovevano cavarsela da soli, ai quali non veniva data importanza perché considerati senza speranza e invece oggi sappiamo che hanno le stesse speranze degli altri, basta lavorare a rendere l'ambiente accogliente e inclusivo. Al di là delle barriere architettoniche (che non sono poco) cosa vuol dire ambiente accogliente e. inclusivo?


Avete sicuramente sentito dire migliaia di volte che la parte destra del cervello è quella che elabora le informazioni visive, è dove avviene il processamento spaziale. L’emisfero sinistro invece svolge tutte le funzioni di elaborazione del linguaggio. 


Ciascun emisfero poi è diviso in più lobi ciascuno con una diversa funzione: 

  1. frontale, 
  2. parietale, 
  3. occipitale,  
  4. temporale. 


A tenere in piedi tutta questa struttura troviamo: 

  1. I neuroni, che sono responsabili del passaggio  dell’impulso nervoso, ovvero del passaggio di informazioni attraverso i loro legami reazionali.
  2. La glia, che sviluppa la mielina che ricopre i neuroni man mano che crescono, potremmo pensare che protegge il nostro sapere.

Il lavoro del cervello è quello di associare gli stimoli che percepisce da fuori attraverso i 5 sensi (vista, udito, odorato, gusto e tatto), ai concetti astratti, ovvero ai significati imparati nel percorso di crescita per poter elaborare una reazione. 


L’amigdala, (nel sistema limbico), agglomerato di funzioni nervose. 

È coinvolta nella formazione dei ricordi legati alle emozioni (forse la parte di noi più collegata al nostro passato genetico)

Fortemente coinvolta con il condizionamento pauroso derivante da situazioni di forte dolore (processo cognitivo esperenziale)

Elaborazione delle emozioni, strettamente correlate al dolore da superare, quindi alla paura.


Il tronco encefalico sul quale poggia il cervello, è la stazione dove passano tutti i segnali che dal cervello vanno al corpo e dal corpo vanno al cervello. Come un albero e il suo sistema linfatico.


In ogni lobo si vanno a sviluppare (o meno) le diverse funzioni del cervello. 

Allenarle significa anche svilupparle, un po’ come il fisico, se ci alleniamo e non diventiamo obesi, il nostro fisico non peggiorerà. Non scendo in altri particolari perché l'intento non è fare un trattato scientifico ma solo mostrare la scientificità dello studio sull'apprendimento. 


La memoria

La memoria fisica è quella delle esercitazioni, abituare la mano alla penna, abituare le gambe a camminare o sciare, abituare gli occhi a fissare un punto, le mani a suonare … tutto ciò che facciamo fisicamente possiamo immaginare che crea un solco in una zona del nostro cervello e ogni volta che dobbiamo fare quel movimento, è come se ripercorressimo quel solco. All’inizio è un po’ come farlo sulla sabbia, se lo fai una volta è possibile che il mare lo cancelli. Ma se lo passi e lo ripassi più volte, il mare non lo cancella e voi lo potete recuperare quando serve, la memoria dunque ha a che vedere con il recupero delle informazioni.


La memoria intellettuale può dividersi in 3 processi.

  • Fase di codifica: è il processo con il quale noi acquisiamo una informazione e la immagazziniamo;
  • Fase di ritenzione: è la fase in cui l’archiviazione diventa stabile e di facile recupero al momento opportuno (conosciuta come memoria di lavoro a lungo termine, o antica);
  • Fase di recupero: è la fase in cui una informazione ci serve e viene recuperata dalla memoria a lungo termine per essere messa in evidenza nella memoria a breve termine, ovvero in quel piccolo magazzino di passaggio che ci permette di utilizzarla proprio in quel momento (mamma mi dice di telefonare a zio Paolo, io recupero nella memoria a lungo termine la informazione telefono e la informazione zio Paolo e le metto nel piccolo magazzino fino a che mi ricordo di telefonare a zio Paolo)

Queste memorie ci servono per allenare e evolvere le nostre funzioni cerebrali (allenamento, memoria, conoscenza. Creatività e consapevolezza emotiva si uniscono ma ne abbiamo già parlato … credo).


Oggi si considera una delle caratteristiche dell’intelligenza anche la velocità con cui si eseguono le funzioni intellettive. Dal mio punto di vista, però, accelerare troppo i tempi e aumentare sempre più la quantità di nozioni, nella speranza di creare persone brillanti, genera tanti malesseri, può essere fonte di stress e di nevrosi.


L'emotività

Comprese tutte queste questioni scientifiche, più o meno precise (per favore se vi interessano documentatevi da professionisti del settore neuro-psichiatrico e non da una blogger qualunque), vi domando: cosa ricordate voi di quando eravate bambini e apprendevate? Vi ricordate la maestra simpatica? Ma anche quella megera che puniva. Vi ricordate la compagna o il compagno che vi faceva ridere, che vi faceva paura, che vi ha fatto innamorare. I compiti fatti insieme, i cartelloni in gruppo, vi ricordate l'evento in cui qualcuno ha fatto qualcosa di strano, vi ricordate il suono della voce di una maestra ... mille cose possono esser dette e tutte hanno un filo conduttore: la relazione.


La relazione è fondamentale per stabilire un percorso di apprendimento. Oggi si lavora molto da remoto, ma in fondo l'importante è che si stabilisca una relazione, che non sia un incontro unidirezionale tra ragazzi e digitale, una relazione in cui loro assorbono senza possibilità di risposta, di reclamo, di battuta. Ci deve comunque essere qualcuno che risponde, che ride, che scioglie dubbi e i professori e i maestri di questi due anni sono stati eccezionali, in breve tempo si sono messi in discussione, hanno studiato, costruito lezioni digitali e faticato tantissimo, bravi!! 

Ma, al di là del digitale, perché la relazione è fondamentale per l'apprendimento? Cosa corre sul filo della relazione? Ci corrono i ricordi (la memoria, lontana e vicina), ci corrono i richiami (il ripescaggio delle informazioni), ci corrono le emozioni che stimolano in un modo o nell'altro lo studente (positive per incuriosirlo e dargli fiducia in se stesso, negative per ... non mi voglio esprimere, io sono contraria allo stile educativo di carattere punitivo e riempitivo). 

Allora mi domando, siamo sicuri che la velocità c'entri? Può essere una caratteristica per un certo tipo di lavoro, segreteria, inserimento dati, compilazione moduli ma a volte per essere precisi, corretti, accurati e efficaci serve la lentezza, la capacità di ascoltarsi e di ascoltare, la possibilità di riflettere e di cercare. 


Vi fareste curare da un medico che ha fretta di finire? Alcuni parlano di velocità di connessioni neuronali e non velocità di azione fisica, ma poi si valuta di continuo (ancora oggi, nell'era digitale, al pari di quando studiato stenografia) chi è più veloce a finire il compito, a scrivere, ad alzare la mano a discapito dei bimbi più piccoli, o di quelli più lenti e riflessivi, o di quelli che hanno capito meno un argomento. Sono scelte.


Ancora oggi ci si concentra sulla velocità e sulla quantità perché, ritengono alcuni, l'insegnante di ogni ordine e grado deve solo insegnare la materia e non l'educazione, soprattutto emotiva. 

Sull'insegnamento emozionale io sono d'accordo, infatti io non credo proprio che le emozioni possano essere insegnate, le emozioni si trasmettono per contagio virale come la febbre e dunque si possono solo vivere, proprio per questo è importante creare un mondo accogliente, sereno e inclusivo. 


Insegnare non vuol dire che più cose spieghi e più hai fatto bene il tuo lavoro. 

Le competenze che i bambini devono acquisire non hanno nulla a che vedere con la quantità di informazioni che vengono messe (si crede) all'interno del loro cervello, perché il cervello non è un contenitore in cui mettere dentro delle informazioni ma un organismo vivente che vive di relazioni, le relazioni neuronali. Più si stringono relazioni neurnali più si evolve. 

Questo sì che ha a che vedere con le competenze da acquisire. 


L'arte, la musica, l'apprenidmento delle lingue in modalità bilingue (cioè con apertura mentale verso la lingua, in modo accoglente e non mnemonico), la storia, la geografia, la scienza, tutto corredato da visite ai musei, ricerche di gruppo, dialogo, curiosità e lentezza, quella che permette di appassionare, di desiderare di conoscere, di scoprire piacevolmente una materia; tutto questo ha a che vedere con le competenze da acquisire. 

Il recupero della memoria può esser legato alla velocità. Se memorizzate le tabelline, sicuramente siete più veloci nello svolgere le moltiplicazioni o le divisioni, ma in che modo migliora la vostra vita? 

La velocità però non è sinonimo di intelligenza per me, perché anche chi è lento può imparare le moltiplicazioni e le divisioni. 


L'empatia invece, è condizione essenziale per un insegnamento di successo, che permette di stabilire la giusta relazione tra il maestro e i suoi discenti, che riesca quindi a centrare la sua funzione di insegnante per tutti. L'empatia, non lo dimentichiamo, è molto difficile perché prevede una estrema consapevolezza di se stessi e la capacità di distinguere la propria emotività rispetto a quella dei discenti, solo con una grande consapevolezza personale si può osservare e comprendere l'altro. Pensate a quanti psicologi ogni giorno devono fare questo lavoro e in momenti di difficoltà personali, lutti, malattie, stanchezza fanno errori, perché è davvero un lavoro estremamente difficile la consapevolezza.


Per me questo è insegnamento, tutto riassunto nelle parole amore, relazione, positività, inclusione, calma, privo di giudizio, una mano che ti accompagna e ti guida per la tua strada e non per la strada di altri.


Buona scuola, homeschooling e apprendimento a tutti

SilviaC